Frankenstein di Guillermo Del Toro - La recensione

FRANKENSTEIN
di Guillermo Del Toro

Recensione di Paolo Possanzini 


Guillermo del Toro ha desiderato per tutta la sua carriera cinematografica di adattare il famoso romanzo di Mary Shelley e lo ha presentato in anteprima alla mostra del cinema di Venezia nel 2025. Ora, è disponibile su Netflix.
Del Toro sceglie un cast di attori che danno grande prova, tra cui Oscar Isaac – nel ruolo dello scienziato Victor Frankenstein –, Jacob Elordi – in quello della Creatura – e Mia Goth – nei panni di Elizabeth, qui promessa sposa del fratello minore dello scienziato –. La scelta delle atmosfere, che sin dai primi minuti del film rimandano decisamente al suo precedente Crimson peak, svelano subito il grande amore del regista messicano verso il genere gotico.
La pellicola è divisa in due parti. La prima è girata dalla prospettiva dello scienziato Victor Frankenstein. Egli narra la sua storia a un gruppo di esploratori che lo ha appena salvato nei pressi del Polo Nord. Fin da bambino, egli fu a contatto con lo studio del corpo umano e la morte della madre fu per lui un punto di rottura e di svolta nel campo delle ricerche anatomiche: da quell’evento traumatico ebbe inizio la sua personale sfida alla morte
Questo trascorso portò Victor a selezionare con estrema cura le parti migliori dei cadaveri da utilizzare per dar vita alla Creatura: una creatura che, restando fedele al romanzo, è a mio parere tra le meno spaventose – esteticamente parlando – tra quelle proposte nella storia del cinema. 
La scena in cui Frankenstein infonde la vita nel corpo inanimato che ha assemblato, mediante l’uso dell’elettricità, è visivamente molto potente.  
Il rapporto tra i due è ovviamente il fulcro del film: lo scienziato ne è inorridito e ripudia la sua stessa creazione. 
Nella seconda parte del film, è proprio la Creatura a raccontare il suo dolore, la ricerca di comprensione e accettazione da parte degli altri, che invece lo scacciano e lo attaccano.  
Del Toro, in questo suo adattamento del romanzo, non intende attaccare la scienza e gli sconvolgimenti che provoca nella vita degli uomini, bensì veicolare il messaggio sulla necessità di andare incontro agli altri senza paure. 
Mia Goth, nelle scene di dialogo con Isaac e, ancor di più, in quelle con la Creatura, è il personaggio che più si avvicina alle intenzioni del regista: discute non solo in merito ai limiti della scienza ma del viaggio interiore verso il perdono.  
Il regista esplora anche il tema della morte e dell’immortalità/impossibilità di morire, attraverso gli occhi di due personaggi: il mecenate di Victor – interpretato da un sempre ottimo Christoph Waltz, che gravemente malato desidera prolungare eternamente la propria vita – e la Creatura stessa che, a differenza del romanzo, qui non è in grado di morire ma, anzi, riesce a rigenerare le proprie ferite. 
Del Toro conosce molto bene l’ambiente in cui Mary Shelley è vissuta e inserisce citazioni a Percy Bysshe – con il suo Ozymandias – e a Lord Byron.
È mia opinione, dunque, che il regista messicano abbia realizzato un adattamento indubbiamente più che interessante, che convince tanto per le ottime prove attoriali quanto per lo studio svolto, finalizzato a riproporre l’ambiente scientifico-accademico degli esperimenti del Dottor Frankenstein.

Opere citate


P. Bysshe  Shelley- Poesie

Shelley, Keats, Byron - I ragazzi che amavano il vento

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