Recensione - Dues Irae
DEUS IRAE
di Philip K. Dick & Roger Zelazny
Recensione di Paolo Possanzini
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| Art by Bob Pepper, DAW Books |
Deus Irae segna la collaborazione tra due importanti penne americane della letteratura fantascientifica: Philip Dick e Roger Zelazny.
Il titolo in latino rimanda alla nuova divinità e al suo culto, sorti – nel mondo del romanzo – a seguito dell’esplosione di una bomba chiamata Lo Sputo, che ha precipitato l’umanità in un mondo post-apocalittico, lasciando il pianeta Terra martoriato e avvelenato.
Il culto del Dio dell’Ira, professato dai Servi dell’Ira, riprende uno dei temi più cari a Dick: la ricerca del divino.
Il protagonista del romanzo è il pittore Tibor McMasters, dotato di protesi artificiali. Egli dovrà intraprendere un pellegrinaggio per ritrarre Carlton Lufteufel – il corpo mortale del nuovo dio – e catturare così la vera essenza di colui che ha sganciato la bomba, portando la devastazione nel mondo.
I Servi dell’Ira non credono, come i cristiani, in un dio buono e caritatevole ma in una divinità crudele a cui piace torturare l’umanità: la morte è l’unico modo per sfuggirle.
Dick, in maniera geniale, sceglie come nuovo Michelangelo incaricato di raffigurare il Dio dell’Ira un artista che porta sul suo corpo i segni delle sue azioni: egli è, infatti un “Inc”, un incompleto, poiché il suo corpo mutilato è conseguenza della bomba sganciata da Lufteufel.
Tibor, nel suo pellegrinaggio, sarà affiancato da Pete Sands, un cristiano che ha segretamente il compito di far desistere il protagonista dal portare a termine il viaggio, così che i Servi dell’Ira non abbiano mai un’opera che raffiguri il loro dio e non si imponga sulla fede cristiana, che sta perdendo fedeli.
Pete, come altri personaggi nati dalla penna di Dick, fa uso di sostanze stupefacenti e in una occasione gli appare in visione un piccolo e fragile vaso: esso gli si presenta come il vero Dio, contrapposto al terribile e collerico Dio dell’Ira.
Il pellegrinaggio di Tibor lo porta a conoscere un mondo che per lui è completamente nuovo – non essendo egli mai uscito dalla propria cittadina – e ad affrontare i pericoli di chi ha subito mutazioni a causa della bomba. Non solo insetti, rettili e bestie: persino la tecnologia è vittima di turbe psichiche, che la rendono ingovernabile e imprevedibile.
Negli ultimi anni della sua vita, Dick si interessò sempre più alla teologia cristiana e tale passione emerge anche in questo romanzo, che affianca elementi dei vangeli gnostici alle citazioni di poeti romantici, nonché momenti bizzarri e nonsense, che portano Tibor a riflettere su sé stesso e quanto sta compiendo, fino al climax finale.
Il pittore, inconsapevolmente, uccide Lufteufel, l’oggetto della sua ricerca, in quanto responsabile della morte del cane a cui il protagonista si era affezionato, mentre Pete convince un senza tetto in pessime condizioni a impersonificare il Dio dell’Ira, con una conclusione che permette ai due autori di esplorare al meglio il significato e le contraddizioni della religione attraverso l’ironia, in un mondo soggetto ai valori di una divinità austera.
IL LIBRO

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