Aeonica - Notturnale
AEONICA
I RACCONTI DEL BLOG 1.7
NOTTURNALE
di Enrico Nanni
La notte scende e con lei svaniscono le certezze e il coraggio degli uomini. Tutto, con il suo astronomico manto, viene avvolto: le interminabili verdi pianure, gli svettanti massicci, le strade e le città, i tetti delle case e, infine, i cuori delle genti. Chi, sotto il sol leone, detta legge e imbriglia il destino, ora è solo come un naufrago su una zattera che lenta naviga a vista nello sconfinato oceano nero che si estende oltre il crepuscolo. I minuti passano lenti. Il sole è sepolto e un pensiero terribile, impercettibile, si insinua nella mente: e se il giorno non dovesse mai più venire? Morto per sempre, l'alba diventa un miraggio lontano e nuovi suoni sussurranti si odono per le strade, nei giardini, sotto le finestre ben serrate. I più fortunati dormono, ignari dell'immensità dell'oscurità. Milioni di leghe in ogni direzione e neanche il vento, che veloce si insinua tra le case, ricorda più l'aurora. Il cielo è profondo sopra i nostri tetti e le solitarie stelle se ne stanno immobili, beffarde, a godersi lo spettacolo della Grande Civiltà pavida e rintanata.
Come tutte le notti mi ritrovo disteso, rifugiato nelle mie stanze, a leggere per ingannare il tempo e non pensare all'oscurità che avviluppa il mondo dietro non così spesse finestre, a una spanna di sottili mattoni dalle mie fragili ossa. Sì, leggo disteso, nascondendomi, quasi ingannandomi, assaporando con la mente protesa la chiara mattina che mi avrebbe accolto l'indomani.
Mi pare di sentire un suono strisciante e furtivo muoversi proprio davanti all'ingresso. Forse, questa sera sono stato fin troppo generoso nel riempire i calici e oltre alla stanchezza delle membra, che tutti coglie quando sorge la luna, anche la mia mente è fiaccata.
Avevo udito qualcuno – si, qualcuno! – muoversi là fuori. Tuttavia, la mente turbata trova sempre la sua risposta nell'ovvio e nel rassicurante.
«Un gatto, senza dubbio un gatto.»
Così ripiombo nelle arcane letture e la mente si fa sempre più labile. Solitario, resto tra i rumori di gatti notturni e inconsci pensieri necrofori che l'oscurità porta con sé, tra la nebbia etilica e le misteriose parole del vecchio libro che vado leggendo. Un balzo al cuore e un fremito ai miei nervi mi squote.
«Bussano alla porta! Hanno per caso bussato? No, no, devo essere sprofondato nel sogno...»
Decido di alzarmi e aggiungo un altro ciocco di legno nella stufa.
«Si, il fuoco è da sempre compagno degli uomini nelle malenotti come questa. La sua luce e il suo calore mi aiuteranno ad allontanare i neri pensieri. E un altro bicchiere, sì, un altro bicchiere: il vino calmerà i miei nervi scossi»
Brutti scherzi gioca la mente durante la notte. Riprendo quindi le letture, sempre più stanco, sempre più lontano dal mondo della materia, sempre più irretito dalle dense tenebre che avvolgono la mia casetta.
«Ma no, non è un gatto: è qualcosa di più furtivo, strisciante... un topo, forse un ratto. Una cosa che si muove immondamente.»
Forse mi ero abbandonato alle lusinghe di Morfeo, forse no: oramai chi più può saperlo?
«Sì, sì, c'è qualcosa là fuori, proprio sotto la mia finestra. Si nasconde. Qualcosa di abissale. Aspetta, muta, ribolle... qualcosa di notturno: imperscrutabile ma sicuramente nero. Proprio lì, oltre il muro, sotto la mia finestra. Mentre io dormo ignaro, sprofondato nell'alcol e nelle letture.»
Bussano, bussano alla porta. Ormai sono troppo lontano per percepirlo, perso nel sogno.
«Sì, è qualcosa di oscuro. Durante il giorno se ne sta rintanata, odiando e disprezzando gli altri. Durante la notte striscia fuori, odiando e disprezzando se stessa. Infida, malvagia, meschina, assassina. Un'ombra che tutto ingoia. La cosa nera che aspetta sotto la mia finestra puzza di un tanfo nauseabondo e putrido. Essa nasce quando meno ce lo si aspetta. Rinasce e rinasce ancora, in un circolo infinito. Sempre pronta a sgozzare alle spalle e, cosa ancor peggiore, a divorare i nostri miseri buoni cuori. È cancrenosa, infestante, infetta. Essa, purtroppo, esiste… o esisterà. Quasi ne percepisco l’olezzo miasmatico, il feroce digrignare delle nere fauci. Ignorarla non fa altro che saziarla ulteriormente. Essa è l’oscurità più profonda, un buco nero, una voragine senza fondo, un abisso che cresce. Ha file di denti aguzzi che scintillano taglienti. Si nasconde, striscia immondamente, bisbiglia. Passa veloce alle spalle, celata dalla notte. Affila i coltelli nell’ombra. Non aspetta invito. Esiste e sbrana con una fame bestiale.»
La notte mi fa da tomba. Sei ore all'alba come sei piedi di terra sopra la bara che è ora la mia casetta. Oltre a essa, lo sterminato camposanto che è il mondo nelle notti scure.
@ Enrico Nanni
![]() |
Qua trovi l'indice dei racconti |
Dello stesso autore
Commenti
Posta un commento